Gianni Vattimo

Di chi è quell'occhio universale
che ci sorveglia sempre, e dovunque?

Si dissolvono i confini tra pubblico e privato. C'è da chiedersi se la logica di un progresso sempre più veloce non ci stia precipitando in una forma di "socialismo tecnologico". Se fosse così, bisognerebbe aver paura di una dissoluzione incompleta: cioè che a manipolare una privacy non sia una istanza davvero pubblica, ma solo l'ambizione di un privato più potente, amico dell'oikos e nemico della polis.

1.
Non sarà che, alla fine, il socialismo "scientifico" sognato da Marx finirà per imporsi, invece che attraverso la rivoluzione dei proletari di tutto il mondo, attraverso la logica stessa della tecnologia, come socialismo "tecnologico"? E' questo il sospetto che non si può non avere se si guarda alle vicende del mondo globalizzato economicamente e, soprattutto, comunicativamente e informaticamente. L'esperienza dell'Unione europea, del resto, che è cominciata come una unione economica (la Comunità del carbone e dell'acciaio, il Mercato comune) e monetaria (l'Euro) e che sempre più avverte il bisogno, per governare queste nuove realtà, di farsi unione politica regolata da una Costituzione, è un aspetto emblematico del più vasto fenomeno della "rivoluzione socialista mondiale" imposta dalla logica delle cose. Là dove le possibilità tecniche tendono, per la loro stessa natura, a erodere via via tutti i confini tra pubblico e privato, è fatale che l'economia venga sostituita, come regolatrice suprema, dalla politica: nel senso etimologico dei termini, anzitutto. L'economia è il mondo dell'oikos, della casa; dunque della competizione tra famiglie, interessi di gruppo, clan, anche di nazioni; la politica, ovviamente, è il mondo della polis, della città, dell'interesse collettivo e pubblico, che non può essere, anche se qualche volta ne coltiva l'illusione, una semplice somma degli interessi privati.
Questo "necessario" imporsi della politica appare in modo esemplare quando la tecnica della raccolta e archiviazione di informazioni su "tutto" - almeno tendenzialmente - rivela l'esilità dei confini tra il pubblico e il privato. Il Grande Fratello, da questo punto di vista, è l'espressione più violenta, perché più sfacciata ed esplicita, di tutto ciò; non è un caso che questo programma televisivo, sotto i vari nomi che ha assunto (da ultimo, Loft Story in Francia), susciti ovunque appassionate discussioni. E' un po' come la vittoria di Berlusconi alle elezioni italiane del 13 maggio: in molti si domandano se non sia solo l'avanguardia di una trasformazione della democrazia che prima o poi toccherà anche gli altri paesi d'Europa.

2.
Ora, la globalizzazione contro cui lottano i vari "popoli di Seattle" in occasione dei sempre più frequenti "vertici" mondiali (anche questi, un fenomeno assai poco conforme alla logica del liberismo) non è la conseguenza di una volontà perversa che possa venir modificata con un atto di buona volontà, come appunto i liberisti ci spiegano continuamente: è un fatto in molti sensi naturale, deriva dall'esistenza dei mezzi di comunicazione, dai trasporti più facili, dal costituirsi di un immaginario collettivo sempre più omogeneo, dalla dilatazione, in tutti i sensi, anche etici, dei confini della comunità locale in società mondiale. Fermarlo per ritornare al mondo delle comunità ristrette, più familiari e più "amiche", ma anche moralmente e culturalmente più asfittiche, non si può, ammesso che abbia un senso; si può solo cercare di regolarlo non in nome della difesa di confini preesistenti e perciò considerati naturali, come in fondo è il "privato" della tradizione moderna; ma inventando e cominciando a realizzare in concreto quella che Nietzsche, profeticamente e dunque anche senza averne molto chiara l'idea, ha chiamato "oltreumanità" la Uebermenschlichkeit. L'oltreuomo di Nietzsche era appunto l'uomo capace di vivere al livello delle proprie inedite possibilità scientifiche e tecnologiche; dunque di non fuggire inorridito davanti ai nuovi confini della genetica e delle biotecnologie (criminalizzandole in maniera indiscriminata e perciò lasciandole in mano alla clandestinità di gruppi interessati soltanto al proprio profitto).

Nel caso della pervasività dei sistemi di comunicazione e di raccolta e archiviazione di informazioni, è chiaro che cosa indicano questi esempi dell'economia e della ricerca scientifico-tecnologica: è vano, oltre che teoricamente debole e indifendibile, cercare di ridurli entro logiche privatistiche che recalcitrano a prender atto della logica della post-modernità. Perché ci sentiamo offesi dalla dissoluzione del nostro privato, per esempio? Che cosa c'è di immorale, disumano, minaccioso per la nostra libertà, nel fatto di esser guardati dall'occhio del grande fratello in tutti i momenti della nostra vita? Non ci è stato insegnato forse che Dio ci vede sempre e dovunque? E ciò che fa Dio perché non potrebbe farlo l'uomo con i nuovi mezzi di cui dispone? Se, con tutto il rispetto per il catechismo e la teologia, proviamo a riflettere su questa domanda, ci accorgeremo che non si tratta solo della improbabilità, che tutti in fondo in fondo assumiamo, di uno sguardo che ci segue dovunque. Non è solo, cioè, che "Dio ti vede" ci pare una frase priva di verità letterale, per cui non ce ne dobbiamo preoccupare. Il fatto è piuttosto che l'affermazione che Dio ci vede è accompagnata, nella nostra tradizione religiosa, dalla dottrina della bontà amorevole di Dio nei nostri confronti.
Insomma: non mi preoccupo che mi veda qualcuno che mi ama e mi è amico; mi ribello contro un occhio universale che mi sorveglia dovunque - che mi guarda dall'alto di una totale mancanza di reciprocità. E' vero che anche con Dio la reciprocità non c'è; ma l'amore colma per l'appunto questa lacuna.

3.
Usciamo dal (rischioso) parallelo teologico - anche se il nome stesso, orwelliano, di Grande Fratello lo giustifica. Ciò che temiamo nella dissoluzione dei confini tra pubblico e privato è che, per l'appunto, questa dissoluzione non sia completa; che ciò che pubblicizza la nostra privacy sia solo un privato più potente, cioè un avversario nella competizione degli interessi, e non una istanza davvero pubblica. Nella recente discussione sul sistema di intercettazione globale Echelon al Parlamento europeo, ciò che ha suscitato la ribellione di tutti è stato il sospetto che le informazioni raccolte siano servite a inquinare la libera concorrenza tra industrie rivali. Non tanto, cioè, il loro uso per ragioni di difesa militare o di lotta alla criminalità. Là dove è chiaramente in gioco l'interesse "pubblico" nessuno si scandalizza di essere guardato. Almeno in condizioni politiche di democrazia.
L'avvenire della nostra società "trasparente" non consiste nella difesa dei residui di opacità all'interno dei quali, come qualcuno vorrebbe, si possa continuare a giocare il gioco della privatezza (e del pettegolezzo, del ricatto, della meschinità dei "sales petits secrets" familistici); ma nel cercare di renderla davvero sempre più trasparente mediante gli strumenti della politica e della democrazia.