Si dissolvono i confini tra pubblico e privato. C'è da chiedersi se la logica di un progresso sempre più veloce non ci stia precipitando in una forma di "socialismo tecnologico". Se fosse così, bisognerebbe aver paura di una dissoluzione incompleta: cioè che a manipolare una privacy non sia una istanza davvero pubblica, ma solo l'ambizione di un privato più potente, amico dell'oikos e nemico della polis.
1.
Non sarà che, alla fine, il socialismo "scientifico" sognato da
Marx finirà per imporsi, invece che attraverso la rivoluzione dei proletari di
tutto il mondo, attraverso la logica stessa della tecnologia, come socialismo
"tecnologico"? E' questo il sospetto che non si può non avere se si guarda alle
vicende del mondo globalizzato economicamente e, soprattutto, comunicativamente
e informaticamente. L'esperienza dell'Unione europea, del resto, che è
cominciata come una unione economica (la Comunità del carbone e dell'acciaio, il
Mercato comune) e monetaria (l'Euro) e che sempre più avverte il bisogno, per
governare queste nuove realtà, di farsi unione politica regolata da una
Costituzione, è un aspetto emblematico del più vasto fenomeno della "rivoluzione
socialista mondiale" imposta dalla logica delle cose. Là dove le possibilità
tecniche tendono, per la loro stessa natura, a erodere via via tutti i confini
tra pubblico e privato, è fatale che l'economia venga sostituita, come
regolatrice suprema, dalla politica: nel senso etimologico dei termini,
anzitutto. L'economia è il mondo dell'oikos, della casa; dunque della
competizione tra famiglie, interessi di gruppo, clan, anche di nazioni; la
politica, ovviamente, è il mondo della polis, della città, dell'interesse
collettivo e pubblico, che non può essere, anche se qualche volta ne coltiva
l'illusione, una semplice somma degli interessi privati.
Questo "necessario"
imporsi della politica appare in modo esemplare quando la tecnica della raccolta
e archiviazione di informazioni su "tutto" - almeno tendenzialmente - rivela
l'esilità dei confini tra il pubblico e il privato. Il Grande Fratello,
da questo punto di vista, è l'espressione più violenta, perché più sfacciata ed
esplicita, di tutto ciò; non è un caso che questo programma televisivo, sotto i
vari nomi che ha assunto (da ultimo, Loft Story in Francia), susciti
ovunque appassionate discussioni. E' un po' come la vittoria di Berlusconi alle
elezioni italiane del 13 maggio: in molti si domandano se non sia solo
l'avanguardia di una trasformazione della democrazia che prima o poi toccherà
anche gli altri paesi d'Europa.
2.
Ora, la globalizzazione contro cui lottano i vari "popoli di
Seattle" in occasione dei sempre più frequenti "vertici" mondiali (anche questi,
un fenomeno assai poco conforme alla logica del liberismo) non è la conseguenza
di una volontà perversa che possa venir modificata con un atto di buona volontà,
come appunto i liberisti ci spiegano continuamente: è un fatto in molti sensi
naturale, deriva dall'esistenza dei mezzi di comunicazione, dai trasporti più
facili, dal costituirsi di un immaginario collettivo sempre più omogeneo, dalla
dilatazione, in tutti i sensi, anche etici, dei confini della comunità locale in
società mondiale. Fermarlo per ritornare al mondo delle comunità ristrette, più
familiari e più "amiche", ma anche moralmente e culturalmente più asfittiche,
non si può, ammesso che abbia un senso; si può solo cercare di regolarlo non in
nome della difesa di confini preesistenti e perciò considerati naturali, come in
fondo è il "privato" della tradizione moderna; ma inventando e cominciando a
realizzare in concreto quella che Nietzsche, profeticamente e dunque anche senza
averne molto chiara l'idea, ha chiamato "oltreumanità" la
Uebermenschlichkeit. L'oltreuomo di Nietzsche era appunto l'uomo capace
di vivere al livello delle proprie inedite possibilità scientifiche e
tecnologiche; dunque di non fuggire inorridito davanti ai nuovi confini della
genetica e delle biotecnologie (criminalizzandole in maniera indiscriminata e
perciò lasciandole in mano alla clandestinità di gruppi interessati soltanto al
proprio profitto).
Nel caso della pervasività dei sistemi di comunicazione e di raccolta e
archiviazione di informazioni, è chiaro che cosa indicano questi esempi
dell'economia e della ricerca scientifico-tecnologica: è vano, oltre che
teoricamente debole e indifendibile, cercare di ridurli entro logiche
privatistiche che recalcitrano a prender atto della logica della post-modernità.
Perché ci sentiamo offesi dalla dissoluzione del nostro privato, per esempio?
Che cosa c'è di immorale, disumano, minaccioso per la nostra libertà, nel fatto
di esser guardati dall'occhio del grande fratello in tutti i momenti della
nostra vita? Non ci è stato insegnato forse che Dio ci vede sempre e dovunque? E
ciò che fa Dio perché non potrebbe farlo l'uomo con i nuovi mezzi di cui
dispone? Se, con tutto il rispetto per il catechismo e la teologia, proviamo a
riflettere su questa domanda, ci accorgeremo che non si tratta solo della
improbabilità, che tutti in fondo in fondo assumiamo, di uno sguardo che ci
segue dovunque. Non è solo, cioè, che "Dio ti vede" ci pare una frase priva di
verità letterale, per cui non ce ne dobbiamo preoccupare. Il fatto è piuttosto
che l'affermazione che Dio ci vede è accompagnata, nella nostra tradizione
religiosa, dalla dottrina della bontà amorevole di Dio nei nostri confronti.
Insomma: non mi preoccupo che mi veda qualcuno che mi ama e mi è amico; mi
ribello contro un occhio universale che mi sorveglia dovunque - che mi guarda
dall'alto di una totale mancanza di reciprocità. E' vero che anche con Dio la
reciprocità non c'è; ma l'amore colma per l'appunto questa lacuna.
3.
Usciamo dal (rischioso) parallelo teologico - anche se il nome
stesso, orwelliano, di Grande Fratello lo giustifica. Ciò che temiamo nella
dissoluzione dei confini tra pubblico e privato è che, per l'appunto, questa
dissoluzione non sia completa; che ciò che pubblicizza la nostra privacy sia
solo un privato più potente, cioè un avversario nella competizione degli
interessi, e non una istanza davvero pubblica. Nella recente discussione sul
sistema di intercettazione globale Echelon al Parlamento europeo, ciò che ha
suscitato la ribellione di tutti è stato il sospetto che le informazioni
raccolte siano servite a inquinare la libera concorrenza tra industrie rivali.
Non tanto, cioè, il loro uso per ragioni di difesa militare o di lotta alla
criminalità. Là dove è chiaramente in gioco l'interesse "pubblico" nessuno si
scandalizza di essere guardato. Almeno in condizioni politiche di democrazia.
L'avvenire della nostra società "trasparente" non consiste nella difesa dei
residui di opacità all'interno dei quali, come qualcuno vorrebbe, si possa
continuare a giocare il gioco della privatezza (e del pettegolezzo, del ricatto,
della meschinità dei "sales petits secrets" familistici); ma nel cercare di
renderla davvero sempre più trasparente mediante gli strumenti della politica e
della democrazia.